dalla celebrazione al boom economico
Torri come proligomeni ai futuri grattacieli
Abbiamo già scritto in precedenza che sin dagli inizi del vecchio secolo, politici, amministratori locali, urbanisti, architetti, ingegneri e imprenditori mostravano una netta avversione nei confronti dei grattacieli di stile americano.
Tutte le torri degli anni '30 meritavano affatto l'appellativo di grattacielo, sia per l'altezza, sia per un'espressvità che non intendeva svincolarsi da temi antichi e classicheggianti. |
Nei volumi massicci, seppur lineari, delle varie Torri di Torino, Milano, Genova, Trieste, emergeva un castigato linguaggio modernista, essenziale, ma ancor memore di stilemi novecentisti, che si combinava con una simmetria la cui sintassi obbediva a principi non certo d'avanguardia, come avrebbero voluto i futuristi.
Ad esempio l’edificio Snia Viscosa (foto sopra, in costruzione) progettato nel 1935-37 da Alessandro Rimini nella milanese Piazza San Babila, esaltato al tempo come grattacielo dai critici, fu tuttavia lodato essenzialmente per il suo «...carattere torriforme a massa chiusa... senza aggiunte od affastellature utilitarie».
Il "grattacielo italiano" è quindi immediatamente ricondotto all’interno di una tradizione che nega quella che, da Walter Gropius in poi era la cifra distintiva dell' International Style: la modularità del piano tipo, la cui iterazione, contestando la tradizionale tripartizione ancora presente, seppur esasperata al limite delle sue possibilità, negli esempi della scuola di Chicago, simboleggiava l’aspirazione ad un’infinita progressione verso l’alto. |
La negazione della forma chiusa, la cui più frequente caratterizzazione formale si esplica nella serrata dialettica tra maglia strutturale e smaterializzazione della parete nel curtain wall, era infatti uno dei topos della modernità.
Riconsiderando la questione da un punto di vista semantico e non architettonico, l’edificio progettato da Rimini incarna invece, l'archetipo dei grattacieli d’oltreoceano, in quanto a ubicazione e destinazione d’uso mista.
Merita in senso lato l’appellativo di grattacielo, in virtù del suo carattere comunicativo ed auto promozionale, come elemento autoreferenziale e pubblicitario, funzionale ad esprimere i valori di potenza economica, conoscenze tecnico-scientifiche e tensione verso il futuro propri del committente. Diciamo, in sintesi, che è autocelebrativo di una certo progetto imprenditoriale, come per il regime era la Torre Littoria di Torino, che avrebbe dovuto ospitare la Sede del Partito Nazionale Fascista. |
A Milano nasce la modernità
Dopo i tentativi d'inizio secolo, impregnati di monumentalismo, negli anni Cinquanta il nuovo inizia ad esprimersi. Borghesia e industria assorbono decisamente il mercato edilizio privato e la ricerca di una vera identità dell’architettura tricolore, diventa una sorta di gara obbligata. Milano, e gli straordinari architetti che vi operano, guidano l'operazione di congiunzione fra americanismo e padanità, per dirla con un neologismo, visto che i grattacieli più importanti di quel periodo nascono su suolo padano, da Torino a Rimini, passando per Genova, Milano, Padova, Cervia e Bologna, fatta eccezione per i casi di Roma e Palermo.
Sarà una modernità che richiede il massimo delle prestazioni tecnologiche e funzionali, e mostra anche un anelito di stile e bellezza, nobilmente espresso nella scelta dei materiali, dei dettagli costruttivi e nelle soluzioni urbanistiche.
Sarà una modernità che richiede il massimo delle prestazioni tecnologiche e funzionali, e mostra anche un anelito di stile e bellezza, nobilmente espresso nella scelta dei materiali, dei dettagli costruttivi e nelle soluzioni urbanistiche.
Nel dopoguerra l'Italia deve emergere dalla crisi e l'edilizia l'aiuterà. Durante il miracolo economico, nell’entusiasmo di una società desiderosa di identificarsi in nuovi e più aggiornati immaginari, vedono la luce la maggior parte dei grattacieli milanesi, che detteranno legge per molto tempo.
Il primo della nuova era nasce grazie alla società svizzera Schweizer Verein, tra il 1949 ed il 1953: il progetto urbanistico è di Piero Bottoni e Giovanni Romano; Armin Meili firma quello della torre.
Il primo della nuova era nasce grazie alla società svizzera Schweizer Verein, tra il 1949 ed il 1953: il progetto urbanistico è di Piero Bottoni e Giovanni Romano; Armin Meili firma quello della torre.
Si tratta di una bella e ordinata costruzione, in stile internazionale europeo, che si articola su una base di quattro piani dove svettano 20 piani di uffici. Il manufatto occupa la testata di via Palestro, verso piazza Repubblica.
La Torre dell’Istituto Svizzero di Armin Meili, "quasi grattaacielo", con i suoi 80 metri d'elevazione, era stata preceduta da varie altre costruzioni alte, come ad esempio, Palazzo Argentina in corso Buenos Aires, costruito nel 1951 su progetto di Piero Bottoni, e la Torre Biancamano di Guido Baselli e Piero Protaluppi, in Largo Biancamano, del 1952; inaugurata nello stesso anno la Casa Albergo di Luigi Moretti in via Corridoni; costruita fra il 1947 e il 1952; del 1951-1953 è il Complesso Italia, ad uso residenziale e commerciale, per la Società Palmolive sempre di Moretti, in corso Italia.
La Torre Tirrena, di Eugenio ed Ermenegildo Soncini, in piazza Liberty, sorge più tardi, fra il 1955 e il 1957; del 1951-1958 la straordinaria Torre Velasca dei BBPR; del 1950-1955 la Torre Breda di Luigi Mattioni in piazza Repubblica; del 1953-1956 la Torre del Parco di Vico Magistretti in via Revere; del 1956-1961 il Grattacielo Pirelli, capolavoro insuperato di Gio Ponti, in piazza Duca d’Aosta; del 1956-1959 la Torre Galfa di Melchiorre Bega in via Fara; del 1962-1963 la Torre di Porta Romana di Paolo Chiolini; del 1963-1967 la Torre Turati, di Giovanni e Lorenzo Muzio in piazza Repubblica. Ovvia e naturale è la preponderanza di tipologie destinate a funzioni terziarie, nell’ottica di una nuova rappresentatività urbana cui le maggiori aziende affidano un fondamentale compito promozionale.
ostracismi Torinesi - 15 piani al massimo!
Non sono lontani gli anni in cui anche Torino respirava una fiducia illimitata nel progresso e in quello che si immaginava potesse essere il futuro, quando l’economia cresceva rapidamente e nascevano nuovi enormi quartieri, gigantesche industrie e l'Expò di Italia '61. Eppure, nonostante la spinta imposta dallo sviluppo e dal miracolo economico, la capitale piemontese tra il 1950 e il 1960 non seppe reggere il confronto con i cugini milanesi. I progetti che avrebbero potuto arricchire lo skyline sabaudo, nella maggior parte dei casi furono avversati, o depotenziati, sino a ridurre i nuovi grattacieli a semplici case alte.
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I casi non furono pochi, giacché proprio come a Milano, il centro storico di Torino, martoriato dai bombardamenti aerei, avrebbe potuto ospitare grattacieli degni di tale nome, soprattutto nella zona di via Roma, via XX Settembre e piazza Solferino, già oggetto del massiccio intervento di riqualificazione e modernizzazione operato da Mussolini. A molti l'idea di troppe guglie sparse non piaceva: le Alpi e la Mole bastavano.
Il primo a fare le spese di una politica economico-urbanistica miope, fu il grande architetto Nicolay Diulgheroff che presentò nel 1946 ben tre proposte, per il grattacielo da edificare in via XX Settembre. La versione, intonata ai progetti di Piacentini per il secondo tratto di via Roma, si ergeva su un ordine gigante e svettava in cima con due attici a ziggurat.
L'arditezza del progetto non piacque agli amministratori della cosa pubblica, che optarono per un depotenziamento dell'impatto estetico e volumetrico, affidando l'opera all'architetto Domenico Morelli, che la completò nel 1949. |
La costruzione, battezzata Casa Saiba, si presenta come un imponente parallelepipedo, di complessivi 14 piani fuori terra, sormontante un alto basamento commerciale, leggermente arretrato. Pur realizzato nel dopo guerra, in contiguità con il coevo cinema Reposi, per modalità compositive si configura come un estremo completamento del piano per via Roma Nuova voluto da Mussolini. Rivestito di mattonelle di pietra chiara a spacco, il massiccio blocco edilizio privilegia una rigorosa chiusura verso l’esterno, secondo i modelli delle torri del 1930.
La rigida scansione della facciata si apre in forma di finestre a nastro nei due piani superiori alle vetrine commerciali e nei due prospetti aggettanti, destinati a balconi continui, sui fronti di corso Matteotti e di via XX Settembre. L'aspetto di solido parallelepipedo concepito da Morelli non concede compromessi a giochi di trasparenze come accade nelle contemporanee realizzazioni quali la Torre Solferino e la Torre Santa Teresa.
Ed anche per queste costruzioni prevalse la "tendenza al ribasso", basti pensare che il Grattacielo Santa Teresa, progettato dall'architetto Gino Salvestrini e dall'ingegner Gabriello Gabrielli di Quercita, sorto nel 1947, nella versione originaria prevedeva l'innalzamento di 21 piani: la vicinanza con piazza San Carlo, contribuì ad un "piccola" correzione dell'altezza e dei volumi complessivi, per 12 piani fuori terra.
La realizzazione della Torre Solferino, multiprogetto nato da un concorso bandito nel 1946 dal Comune di Torino, fu esecutivamente affidata all'architetto Gualtiero Casalegno. Le cose andarono meglio, ma non troppo; anche il terzo dei grandi interventi dell'immediato dopoguerra, s'adeguò al "non eccedere", portando l'altezza della costruzione da 20 a 15 piani. |
Il Centro Direzionale mai realizzato
Soltanto oggi Torino, colpita dalla crisi economica, responsabile di una cieca e innata trascuratezza della sua classe intelletuale, politica e dirigenziale, per la propria grandezza e il proprio valore, orfana delle Borse Valori e Merci e di centinaia d'aziende pubbliche e private d'importanza internazionale, prova ad assumere l’aspetto che s'immaginava 50 anni fa. Ironia della sorte, nell’area dove oggi sorge il Grattacielo Intesa San Paolo, Il Concorso Comunale del 1962 voleva creare la nuova città moderna, innestata al centro di un complesso sistema di strade, autostrade e metropolitane. La Torino degli anni ’60 era diversa da quella di oggi e la costruzione del Centro Direzionale era consideata un’esigenza immediata. Si pensava che i quattordici nuovi grattacieli previsti, nell’area tra corso Ferrucci e corso Inghilterra sarebbero sorti rapidamente. La metropoli stava crescendo enormemente, anche come popolazione: nel 1961 oltrepassò il milione di abitanti, arrivando dieci anni dopo ad averne 1.250.000. Per l’anno 2000 s'era certi che i residente avrebbero superato i 2 milioni e non era esclusa la possibilità di arrivare a 3 milioni.
Genova: l'Imbattibile torre piacentini
A Genova si riprese a costruire in verticale nell’immediato dopoguerra, con realizzazioni quali il Grattacielo delle Assicurazioni Generali, in Piazza Caricamento, il Grattacielo dell'Ospedale, i Grattacieli di Pegli, la Torre San Camillo, la Torre San Vincenzo e la famosa Torre Cantore, tutti sotto i 70 metri, che non eguagliarono il primato della Torre Piacentini, questi fu il grattacielo più alto di Genova fino al 1992, quando sorse il cosiddetto Matitone o San Benigno Torre Nord.
Triveneto ed emilia romagna: le avanguardie del nuovo
Nelle altre città del nord il tema grattacielo si compitò con vari esempi di edifici alti, solitamente costruiti grazie al contributo di una imprenditoria legata a banche ed assicurazioni.
Iniziamo dal Triveneto: a Padova nel 1956, sorsero la Torre Azzurra o Grattacielo Belvedere, 18 piani fuori terra per un’altezza di 64 metri, e nel 1965 il Grattacielo Europa: 20 piani per 70 metri.
In quegli anni primeggiava anche Jesolo, con le sue costruzioni alte, quali il Residence Pineta, 19 piani per 60 metri; il Grattacielo di Viale Venezia, 17 piani per 56 metri e l’Hotel Caravelle, 16 piani per 53 metri. La Torre Vriz di Trieste, nata nei primi anni ’60, poteva, infine, sfoggiare 18 fuori terra più il tetto terrazzato con torretta, per 70 metri d’altezza.
Iniziamo dal Triveneto: a Padova nel 1956, sorsero la Torre Azzurra o Grattacielo Belvedere, 18 piani fuori terra per un’altezza di 64 metri, e nel 1965 il Grattacielo Europa: 20 piani per 70 metri.
In quegli anni primeggiava anche Jesolo, con le sue costruzioni alte, quali il Residence Pineta, 19 piani per 60 metri; il Grattacielo di Viale Venezia, 17 piani per 56 metri e l’Hotel Caravelle, 16 piani per 53 metri. La Torre Vriz di Trieste, nata nei primi anni ’60, poteva, infine, sfoggiare 18 fuori terra più il tetto terrazzato con torretta, per 70 metri d’altezza.
Dopo la Lombardia, la regione che negli anni ‘50 e ‘60 dedicò maggiori risorse ed ingegni alla realizzazione dei grattacieli, fu l’Emilia Romagna. Il primo edificio a forte verticalità di Bologna fu costruito nel 1958: Il Grattacielo La Meridiana o Massarenti, raggiungeva l’altezza di 90 metri.
Nel 1959 il capoluogo fu seguito a ruota da Ferrara, che poté sfoggiare il suo capolavoro composto da due torri gemelle, con due corpi scala ed una struttura di collegamento: 21 piani per 90 metri d’altezza.
Il primo grattacielo costruito sulla costa romagnola, nel 1957, fu il Condominio Marinella Uno, a Cervia Milano Marittima: 21 piani per 92 metri d’altezza, ma l’anno dopo, il Condominio Marinella Due di Cesenatico, superò l’avversario: 35 piani per 118 metri d’altezza, entrambi erano stati progettati dall’Architetto Eugenio Berardi.
Il grattacielo di Cesenatico strappò anche il primato d'elevazione nel primo dopoguerra al grattacielo della Società Cattolica di Assicurazioni di Napoli (100 metri) costruito nel 1957, per conservarlo fino al 1960, quando sorse a Milano il Pirellone.
Nel 1960 vide la luce anche l’americanissimo grattacielo di Rimini, con i suoi 28 piani fuori terra, per 101 metri; il suo non fu un primato per l’altezza, ma per i risultati: giudicato molto innovativo, seppe più degli altri edifici alti dell’intera costa adriatica, rispondere al richiamo della sperimentazione e della modernità.
Nel 1959 il capoluogo fu seguito a ruota da Ferrara, che poté sfoggiare il suo capolavoro composto da due torri gemelle, con due corpi scala ed una struttura di collegamento: 21 piani per 90 metri d’altezza.
Il primo grattacielo costruito sulla costa romagnola, nel 1957, fu il Condominio Marinella Uno, a Cervia Milano Marittima: 21 piani per 92 metri d’altezza, ma l’anno dopo, il Condominio Marinella Due di Cesenatico, superò l’avversario: 35 piani per 118 metri d’altezza, entrambi erano stati progettati dall’Architetto Eugenio Berardi.
Il grattacielo di Cesenatico strappò anche il primato d'elevazione nel primo dopoguerra al grattacielo della Società Cattolica di Assicurazioni di Napoli (100 metri) costruito nel 1957, per conservarlo fino al 1960, quando sorse a Milano il Pirellone.
Nel 1960 vide la luce anche l’americanissimo grattacielo di Rimini, con i suoi 28 piani fuori terra, per 101 metri; il suo non fu un primato per l’altezza, ma per i risultati: giudicato molto innovativo, seppe più degli altri edifici alti dell’intera costa adriatica, rispondere al richiamo della sperimentazione e della modernità.
toscana avara ma bella
In Toscana sono stati soltanto due gli esempi di grattacieli di una certa importanza, a segnare gli anni del dopoguerra, a Livorno e Follonica. La Torre Azzurra del Tirreno è famosa quanto i grattacieli adriatici, anche se con questi non può compete in altezza: costruita nel 1962, svetta su 23 piani, per circa 75 metri d’altezza.
Merita ricordare lo straordinario Grattacielo di Piazza Matteotti a Livorno: 90 metri, che si sviluppano su 26 piani fuori terra più terrazza, ancor oggi un incomparabile esempio d’architettura moderna, costituito da due diversi corpi: una piastra basamentale sormontata dalla torre vera e propria.
Merita ricordare lo straordinario Grattacielo di Piazza Matteotti a Livorno: 90 metri, che si sviluppano su 26 piani fuori terra più terrazza, ancor oggi un incomparabile esempio d’architettura moderna, costituito da due diversi corpi: una piastra basamentale sormontata dalla torre vera e propria.
Da Roma al sud
Bisogna poi scendere fino a Roma, per incontrare altri grattacielini post bellici. Sorsero all’EUR. I primi furono le Torri Ligini del Ministero delle Finanze, nel 1961, 17 piani fuori terra, per 68 metri circa d’elevazione, seguite nel 1962 dal Grattacielo ENI, 22 fuori terra per 86 metri circa, e dal Grattacielo Italia, 20 piani per 64 metri. Del 1965, invece, il Palazzo Alitalia, 19 piani per 72 metri e sempre nello stesso anno l’alto Palazzo delle Poste, 20 piani per 73 metri.
Io ogni caso, per molti anni, l’edificio più alto del centro-sud Italia fu il grattacielo della Società Cattolica di Assicurazioni di Napoli. Eretto nel 1957, segnò l'avvento delle moderne tecnologie edilizie nel capoluogo campano. L’edificio, interamente realizzato in calcestruzzo armato con tompagnature di colore blu, raggiunse l'altezza di 100 metri, per 33 piani.
Bari, a partire dal 1955, si strinse entusiasta attorno al suo Grattacielo Motta, di Corso Cavour, tanto amato per l’aperitivo, che però con i suoi 14 piani fuori terra non raggiungeva i 50 metri d’altezza
La seconda costruzione alta che primeggiò per molto tempo al sud, fu invece il Grattacielo delle Assicurazioni Generali di Catania, il più alto dell’isola. Nato nel 1953, vanta 19 piani per oltre 70 metri d’altezza. Nel 1955 si costruì il secondo grattacielo siciliano a Palermo, il Palazzo Ina Assitalia, circa 65 metri per 18 piani d’elevazione.
Anche la Sardegna volle dotarsi di un grattacielo, e nel 1961 fu edificato il bel Palazzo dell’Enel a Cagliari, con 16 piani fuori terra + piano attico terrazzato, che lo portava a 60 metri d’altezza.
La seconda costruzione alta che primeggiò per molto tempo al sud, fu invece il Grattacielo delle Assicurazioni Generali di Catania, il più alto dell’isola. Nato nel 1953, vanta 19 piani per oltre 70 metri d’altezza. Nel 1955 si costruì il secondo grattacielo siciliano a Palermo, il Palazzo Ina Assitalia, circa 65 metri per 18 piani d’elevazione.
Anche la Sardegna volle dotarsi di un grattacielo, e nel 1961 fu edificato il bel Palazzo dell’Enel a Cagliari, con 16 piani fuori terra + piano attico terrazzato, che lo portava a 60 metri d’altezza.
Il breve ed ovviamente lacunoso sunto didattico narrativo sugli anni del boom economico termina qui, non possiamo trattare tutto in questa pagina, basti pensare alle straordinarie realizzazioni di edilizia per l'industria, come Metanopoli e Zingonia: il resto potete trovarlo nelle sezioni riservate alle varie città d’Italia.
Nel dopoguerra in alcune città medie e piccole si andarono edificando costruzioni alte, che spesso non raggiungevano i dieci piani, ma che allora rappresentavano un simbolo di progresso e modernità per gli abitanti di quei luoghi.
Non erano certamente grattacieli, ma con la loro imponenza si stagliavano sovrani sulle case rurali.
Non erano certamente grattacieli, ma con la loro imponenza si stagliavano sovrani sulle case rurali.